giovedì 15 maggio 2008

Prometeo e la Cultura

I risultati elettorali di Roma e dell’intero paese stanno a dimostrare quanto il ceto politico «non collegato» con il Plutocrate, non sia in grado di intercettare il malessere che serpeggia tra di noi. Esso, nonostante i richiami che salivano dalla base, anzi infastidito, non ha capito che l’azione politica non si può più condurre nel chiuso delle camarille o sfilando su tappeti rossi, ma nel radicamento tra la gente, nel territorio accogliendone le indicazioni e soddisfacendone i bisogni. L’uomo politico deve essere l’uomo della strada perché è dalla strada parte la costruzione della Polis. Al punto in cui siamo, la caduta nella mani del Plutocrate, il compito di risalire la china sarà lungo e grave: bisogna ridare a questo paese una coesione e uno spessore culturale che ha smarrito, e quando uno si smarrisce impazzisce e ricondurlo al rinsavimento è impresa ardua che non può essere compiuta in bravi tempi, magari pensando al prossimo ballottaggio o alla prossima votazione.
La ricostituzione del quadro culturale è il primo impegno che attende tutti noi. La politica, la democrazia, la responsabilità, i partiti, vengono dopo.
All’ordine del giorno non ci sono problemi di carattere politico, che in questo momento devono fare un chiaro e deciso passo indietro, ma tutto ciò che precede la nascita di un partito, e questo è il lavoro della cultura, di una cultura che si radichi nel mondo del lavoro e della scuola, nelle periferie e tra i migranti, nelle diversità isolate ed emarginate. Le preoccupazioni partitiche sloggino dai nostri pensieri. È un’impresa prometeica, ma possibile e tale da motivare chi, deluso, s’è appartato.

Don Roberto Sardelli

da "Carta" 9/15 Maggio

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