sabato 31 maggio 2008

Il Caso Pigneto e le violenze alla "Sapienza": quando l'allarmismo diventa "di sinistra"

Il "caso Pigneto" è stato il primo banco di prova per le forze d’opposizione della città di Roma e si è rivelato un vero disastro. Disastro strategico per l’immagine di ritorno che avremo: abbiamo puntato il dito sui fascisti e i fascisti non c’entravano niente. Adesso bisogna ammetterlo e chiedere scusa a tutti. Se le notizie che circolano sono vere, inoltre, avremmo difeso ladri e spacciatori. Qualcuno dirà: abbiamo preso una cantonata enorme, ma eravamo in buona fede. Il guaio è che così non è. C’è chi ha strumentalizzato la vicenda: chi sapeva che i fascisti non c’entravano nulla e ha giocato alla “Caccia alle Streghe”. E se qualcuno pensa che si possa fare politica in questa maniera si sbaglia di grosso. Questo allarmismo non cementerà nessuna nuova pratica di lotta. Questa semplicemente non è politica. È menzogna. E la rispediamo al mittente.
Lo abbiamo visto tutti chi è stato a mettere in moto il raid: uno dei tanti sottoproletari romani che ha vissuto una vita di espedienti, dentro e fuori il carcere, qualunquista, senza storia e senza cultura, abituato a diffidare dello Stato e delle "guardie" e sempre pronto a menare le mani (l'intervista di Repubblica è una specie di trattato di antropologia autobiografica: assolutamente esplicativa). E ce ne sono tanti in questa città come lui: è un profilo entrato persino nella cinematografia nazionale.
Lo dico subito: gli eventi della "Sapienza" vanno condannati, così come le altre violenze di matrice fascisteggiante. Tuttavia va considerato come ci sia una continuità di atteggiamenti ed azioni tra il prima e il dopo elezioni, piuttosto che un escalation: non c'è un rapporto deterministico tra la salita al potere di Alemmano e questi eventi. Ce lo ricordiamo bene cosa è successo a Villa Ada l'anno scorso. Così a Casalbertone, dove due studenti che strappavano manifesti del Blocco Studentesco sono stati mandati all'ospedale con un bel po' di punti in testa, da quelli del circolo futurista (sic) ubicato proprio lì. Sempre l'anno scorso. Il tentativo d'incendio al Coming out, ugualmente, è avvenuto prima che Alemmano diventasse sindaco. Le novità eclatanti che mi pare di vedere sono invece due:
1. I fascisti si sono fatti vedere in pieno giorno e in zone a loro estranee.
2. Le violenze sono scaturite dal mancato convegno (pretestuoso e provocatorio) sulle Foibe a Lettere. Quindi prima di rivelarsi per quello che sono veramente, Forza Nuova stava tentando di avere una legittimazione politico-culturale. Paradossalmente i fascisti stavano cercando di farsi strada dentro l'istituzione con le parole e la cultura. Proprio in un campo dove la Sinistra ha smesso di fare battaglia, analisi e produzione di narrazione.
È più importante analizzare lo sfaldamento del tessuto sociale che replicare vetusti schemi di contrapposizione. Circola dissociazione e paranoia tra la gente comune. E nemmeno possiamo tirarci su per i capelli come il barone di Monchausen e additare la massa rozza e ignorante: sicuramente l'integrazione senza programmazione (ma poi saranno integrati questi migranti? Vedo che parlano malissimo la nostra lingua e si disinteressano della nostra cultura. E poi i bengalesi stanno sempre tra di loro, i senegalesi con i senegalesi e i cinesi frequentano solo cinesi. Per non parlare dei figli di immigrati: raccolti in piccole bande a compartimenti razziali stagni, vestiti tutti allo stesso modo nel tentativo patetico di assomigliare ai rapper americani comunicando quasi sempre nella loro lingua d'orgine) non è una soluzione sostenibile per la nostra società. Così come la mancanza della certezza della pena e lo stato di illegalità perenne che si constata intorno a noi FA MALE; e la gente tende più a tollerare un manigoldo in giacca e cravatta (e mandarlo pure a governare), che il poveraccio puzzolente sotto casa. Questo è un fatto, come lo affrontiamo?
A Ponticelli la gente inveiva contro i Rom gridando "la lotta sarà dura..." ripescando un vecchio motto della sinistra extraparlamentare.
La situazione mi pare molto più complessa di come si profila negli slogan e nelle manifestazioni.
Infine menziono ciò che mi pare davvero riprovevole e da censurare senza mezzi termini: molte persone (specialmente giovani) fa autocoscienza identitaria ipostatizzando il nemico dentro di sé sino al delirio paranoico di certe affermazioni quali:"il fascista buono è il fascista morto", le mani a mo’ di P38, "estirpiamo il problema alla radice" - ovvero facciamoli fuori. Tali bestialità hanno un sapore marcio di vecchio e suscitano ribrezzo a tutti coloro che sanno che la vita umana resta sempre un valore irriducibile allo scontro politico. Non sarà certo un populismo di bassa lega a tirarci fuori da questa situazione. E nemmeno la guerra a un fascismo che non c’è più: per quanto sia romantico idealizzare se stessi come gli eroi contro il nemico imperante la politica è un'altra cosa. Qui si vuole giocare con la paura della gente. E lo si è fatto esplicitamente nel caso del Pigneto, replicando gli schemi ideologici della destra. Ci aspettiamo che qualcuno chieda scusa per questo.

giovedì 15 maggio 2008

Prometeo e la Cultura

I risultati elettorali di Roma e dell’intero paese stanno a dimostrare quanto il ceto politico «non collegato» con il Plutocrate, non sia in grado di intercettare il malessere che serpeggia tra di noi. Esso, nonostante i richiami che salivano dalla base, anzi infastidito, non ha capito che l’azione politica non si può più condurre nel chiuso delle camarille o sfilando su tappeti rossi, ma nel radicamento tra la gente, nel territorio accogliendone le indicazioni e soddisfacendone i bisogni. L’uomo politico deve essere l’uomo della strada perché è dalla strada parte la costruzione della Polis. Al punto in cui siamo, la caduta nella mani del Plutocrate, il compito di risalire la china sarà lungo e grave: bisogna ridare a questo paese una coesione e uno spessore culturale che ha smarrito, e quando uno si smarrisce impazzisce e ricondurlo al rinsavimento è impresa ardua che non può essere compiuta in bravi tempi, magari pensando al prossimo ballottaggio o alla prossima votazione.
La ricostituzione del quadro culturale è il primo impegno che attende tutti noi. La politica, la democrazia, la responsabilità, i partiti, vengono dopo.
All’ordine del giorno non ci sono problemi di carattere politico, che in questo momento devono fare un chiaro e deciso passo indietro, ma tutto ciò che precede la nascita di un partito, e questo è il lavoro della cultura, di una cultura che si radichi nel mondo del lavoro e della scuola, nelle periferie e tra i migranti, nelle diversità isolate ed emarginate. Le preoccupazioni partitiche sloggino dai nostri pensieri. È un’impresa prometeica, ma possibile e tale da motivare chi, deluso, s’è appartato.

Don Roberto Sardelli

da "Carta" 9/15 Maggio

mercoledì 14 maggio 2008

Prossimo appuntamento: 22 maggio a via de Lollis

Cari amici,

nella riunione di segreteria del 6 maggio si è cercato di puntualizzare i problemi organizzativi scaturiti dall’incontro del 23 aprile. Ma, in più, non abbiamo potuto tacere sugli eventi che hanno radicalmente modificato il quadro politico nazionale, comunale e municipale di Roma.
Mi sembra che le ragioni di una tale modifica in peggio, e in questa osservazione siamo stati unanimi, si trovino tutte nel documento “Per continuare a non tacere”. L’allarme che lanciammo fu sommerso dal silenzio delle istituzioni e dei media che, così facendo, si sono assunti in esclusiva la responsabilità della débacle che noi prevedemmo parlando di preoccupazioni e di allarme.
Nella riunione si è deciso di affrontare le seguenti questioni e di sottoporle a tutto il Gruppo Non tacere:
E’ necessario fare il punto sul lavoro dei tre gruppi che si sono costituiti e il cui stato dell’opera è il seguente.

Il progetto di un “Centro di documentazione delle esperienze educative nelle borgate romane” da sottoporre alla Provincia sta procedendo con la raccolta di una serie di informazioni e di dati che serviranno a completare il progetto a breve. Certo, la modifica della presidenza e della Giunta provinciale ci pone davanti a qualche difficoltà che, comunque, speriamo di superare. Infatti, le persone con le quali avevamo stabilito un accordo o non sono state rielette o non sono state confermate.

Il gruppo che sta impostando una sperimentazione didattico-pedagogica in una scuola pubblica ci riferirà sul progetto che stanno elaborando, che si prevede interessante.

L’esperienza di un intervento culturale, tutto da definire, presso una situazione di emergenza abitativa subisce un arresto.
Ma il gruppo incaricato ce ne riferirà e insieme troveremo una via di uscita.
Si è tenuto un primo incontro organizzativo con il gruppo di docenti dell’”ambigua modernità del modello Roma”, che prelude a incontri più allargati, in quanto vi è un interesse da parte loro a trovare un terreno di azione comune con il nostro gruppo. Intanto sono state proposte tre iniziative: la presentazione del libro di Paolo BerdiniLa città in vendita”, che sarà occasione di dibattito sulle scelte urbanistiche e sul modello di città venuto avanti negli anni del centro-sinistra; l’organizzazione di una serie di incontri tematici per una lettura della città e per delineare un nuovo modello di città; la stesura di un documento, di cui si sta occupando Don Roberto insieme con altri, sulla situazione politica della sinistra, che vede i partiti accartocciarsi su se stessi, senza affrontare i contenuti e i problemi della società italiana e senza delineare una prospettiva credibile.
Cesidio dalla Svizzera ci ha proposto una riflessione approfondita sulla questione migranti da tenersi ai primi di luglio. Dobbiamo decidere il come e il dove.

Vi proponiamo, quindi, un incontro per giovedì 22 maggio alle ore 18,00 in Via Cesare De Lollis n.6 in una sala messa a nostra disposizione da “Action”. La vostra presenza sarà utile per approfondire e chiarire la nostra posizione politica in questa fase e precisare il nostro impegno concreto.

A presto.
Don Roberto Sardelli